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Veterinary Focus

Numero 23.2 altro: scientifici

L’asse intestino-rene felino: materia di riflessione

Pubblicato il 31/05/2023

Scritto da Stacie C. Summers e Jessica M. Quimby

Disponibile anche in Français , Deutsch , Português , Español , English , ภาษาไทย e 한국어

Oggi esiste una robusta evidenza sui legami significativi tra l’intestino e i reni, e sul fatto che la salute gastrointestinale può essere una considerazione chiave nel trattamento della nefropatia, come discusso in questo articolo.

SCFA e BCFA

Punti chiave

Le interazioni tra intestino e rene possono avere influenze significative sulla salute di entrambi gli apparati, con conseguenti effetti clinici.


I gatti con nefropatia cronica (CKD) hanno una disbiosi, e alterazioni nella composizione del microbiota intestinale.


Le tossine uremiche si accumulano persino nelle prime fasi della CKD, hanno conseguenze sistemiche nocive multiple, e sono associate alla progressione della malattia.


Affrontare la disbiosi e l’accumulo di tossine uremiche può essere un’importante strategia terapeutica nella CKD felina.


Introduzione

Un corpo crescente di ricerche supporta il concetto che esista una connessione significativa in più di una specie tra l’intestino e il rene (nota anche come “asse intestino-rene”) (Figura 1) e che entrambi gli apparati abbiano influenze reciproche importanti, con la possibilità di implicazioni cliniche significative. I gatti con nefropatia cronica (CKD) hanno una disbiosi, e ciò conferma l’idea che l’intestino sia un bersaglio terapeutico per migliorare potenzialmente la longevità e le comorbilità. Questo articolo esamina le attuali evidenze sull’asse intestino-rene e le strategie a disposizione dei Medici Veterinari per migliorare potenzialmente la salute della comunità microbica intestinale, così da ridurre l’accumulo delle pericolose tossine uremiche di origine intestinale.

Asse intestino-rene felino

Figura 1. Asse intestino-rene felino. Esiste una connessione significativa tra l’intestino e il rene, ed entrambi gli apparati hanno influenze reciproche importanti con la possibilità di implicazioni cliniche significative. 
© Redrawn by Sandrine Fontègne

Il microbiota e la disbiosi 

Per microbiota intestinale s’intende l’insieme di microrganismi costituito principalmente da batteri. Questi microrganismi risiedono nel tratto gastrointestinale, e formano un ecosistema con interazioni complesse tra di essi e con l’ospite. Nei gatti esistono migliaia di filotipi batterici intestinali, pari a trilioni di cellule con un’ampia capacità funzionale. Questa vasta gamma di microrganismi svolge un ruolo importante nel mantenimento della salute dell’ospite attraverso i prodotti del metabolismo batterico e l’influenza sull’espressione genica nell’intestino. Un microbiota batterico sano e una valida comunicazione tra l’ospite e i metaboliti batterici sono vitali per lo sviluppo e il mantenimento di un sistema immunitario sano, l’assimilazione dei nutrienti dalla dieta, il mantenimento della barriera intestinale, la sintesi dei nutrienti (ad es. acidi grassi a catena corta, vitamina B12) e per la protezione contro i patogeni enterici invasori 1.

Per disbiosi s’intende lo squilibrio della comunità microbica intestinale, con alterazioni nella composizione e nelle attività metaboliche del microbiota. In molte condizioni, la disbiosi non è solo un marcatore della malattia, ma contribuisce anche attivamente alla malattia stessa 2. La disbiosi intestinale è stata ampiamente documentata nei pazienti umani con CKD e nei modelli di laboratorio; è stato dimostrato che l’uremia ha un impatto negativo sul microbiota, facendo passare il microbiota intestinale da una comunità più uniformemente distribuita e complessa, a una più semplice e dominata da alcune famiglie batteriche 2. Le ragioni proposte per la disbiosi intestinale nei pazienti con CKD, oltre all’effetto diretto dell’urea e al conseguente aumento nella produzione di ammoniaca da parte dei batteri intestinali, includono l’uso frequente di antibiotici e chelanti il fosfato, e modifiche dietetiche come ad esempio un apporto ridotto di fibra 2.

Stacie C. Summers

La creatinina e l’azoto ureico ematico (BUN) sono le tossine uremiche più conosciute dal punto di vista clinico, ma in realtà rappresentano solo due dei circa 146 soluti organici che sono presunte tossine uremiche.

Stacie C. Summers

Tossine uremiche

Il termine uremia si riferisce, sia all’accumulo di sostanze nel sangue che si verifica dopo un calo della velocità di filtrazione glomerulare (VFG), sia alle manifestazioni cliniche che ne derivano. Sebbene questo si riferisca generalmente agli squilibri di elettroliti, soluti organici e ormoni, si riferisce anche alle tossine uremiche. La creatinina e l’azoto ureico ematico (BUN) sono le tossine uremiche più conosciute dal punto di vista clinico, ma in realtà rappresentano solo due dei circa 146 soluti organici che sono presunte tossine uremiche 3. È importante sottolineare che, molte di queste sostanze non vengono regolate attivamente dall’organismo, e quindi aumentano progressivamente con il declino della VFG. Queste sono particolarmente problematiche anche per i pazienti umani, poiché alcune tossine non possono essere rimosse mediante emodialisi 3. Di particolare interesse sono le tossine uremiche che sono prodotti di rifiuto del catabolismo proteico da parte del microbiota del colon (ad es. indossile solfato [IS], p-cresolo solfato [pCS]), poiché si ritiene che queste non abbiano solo effetti fisiopatologici negativi, ma contribuiscano anche alla sindrome clinica dell’uremia.

Indolo e p-cresolo, che sono precursori della tossina uremica, sono entrambi prodotti del catabolismo proteico, e sono metabolizzati nel colon attraverso la fermentazione proteica da parte del microbiota 4,5. Gli indoli derivano dal metabolismo del triptofano alimentare per azione della triptofanasi nel microbiota intestinale, come ad esempio Escherichia coli (E. coli), Proteus vulgaris e Bacteroides spp. (Figura 2). Il p-cresolo viene generato attraverso la degradazione parziale della tirosina e della fenilalanina da parte di molti anaerobi intestinali obbligati o facoltativi, inclusi i generi Bacteroides, Lactobacillus, Enterobacter, Bifidobacterium e Clostridium. Indolo e p-cresolo vengono assorbiti e quindi solfonati nel fegato a formare le tossine uremiche a legame proteico IS e pCS, rispettivamente. Queste tossine vengono generalmente escrete dai reni, e quindi si accumulano nella circolazione sistemica dei pazienti con nefropatia. La disbiosi contribuisce ulteriormente alla produzione di tossine uremiche di derivazione colonica, avviando un circolo vizioso 4,5. Il malassorbimento proteico nell’intestino tenue che si verifica nei pazienti con CKD aumenta il substrato proteico nel lume intestinale, promuovendo così l’espansione dei batteri proteolitici che producono i precursori delle tossine uremiche. La stipsi può anche svolgere un ruolo a causa della ritenzione prolungata di materiale fecale nel colon; i pazienti umani che presentano stitichezza e CKD hanno livelli di tossine uremiche maggiori rispetto ai pazienti con punteggi fecali normali 6.

Produzione colonica degli indoli

Figura 2. Produzione colonica degli indoli, metabolismo epatico a che porta alla formazione di indossile solfato, e successiva escrezione renale.
© Redrawn by Sandrine Fontègne

Effetti deleteri delle tossine uremiche

Sebbene l’aumento della concentrazione di una sostanza non implichi necessariamente una malattia, è noto che numerose tossine uremiche che si accumulano nella CKD hanno effetti deleteri. Ad esempio, l’accumulo di IS e pCS nella CKD è stato associato all’avvio della produzione di radicali liberi, all’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRAA) che promuove di conseguenza la fibrosi renale, inducendo infiammazione, danneggiando le cellule tubulari renali, e stimolando la progressione della sclerosi glomerulare 7. Anche altri effetti indesiderati delle tossine uremiche contribuiscono alla morbilità e alla mortalità; questi includono compromissione del sistema neurologico, calo nella produzione di eritropoietina e nel turnover osseo, accelerazione dell’atrofia muscolare e rischio aumentato di malattia cardiovascolare 7 (Figura 3).

È stato documentato che le tossine uremiche hanno effetti sistemici nocivi multipli

Figura 3. È stato documentato che le tossine uremiche hanno effetti sistemici nocivi multipli. 
© Redrawn by Sandrine Fontègne

Acidi grassi fecali nella CKD

Gli ulteriori metaboliti del microbiota del colon che potrebbero essere compromessi dalla disbiosi intestinale sono gli acidi grassi. Gli acidi grassi a catena corta (SCFA) prodotti dal microbiota del colon sono costituiti dagli SCFA a catena lineare, acido acetico, acido propionico, acido butirrico, acido valerico, e dagli SCFA a catena ramificata (BCFA), acido isovalerico e acido isobutirrico (Figura 4). Gli SCFA a catena lineare sono i principali prodotti finali della fermentazione saccarolitica dei polisaccaridi complessi (comprese le fibre alimentari non digeribili) e del muco di origine epiteliale, e sono nutrienti essenziali vitali, sia per la salute intestinale, sia per quella dell’ospite 8. Hanno molti effetti benefici locali e sistemici, tra cui la promozione della motilità del colon e del metabolismo dei lipidi e del glucosio, e la regolazione della pressione arteriosa, oltre ad avere proprietà antinfiammatorie. Al contrario, i BCFA rappresentano solo una piccola parte della produzione totale di SCFA, e vengono prodotti quando le proteine passano attraverso l’intestino tenue non assorbite, e gli aminoacidi a catena ramificata di origine proteica vengono fermentati dal microbiota nel colon 8. I BCFA, e altri prodotti della fermentazione delle proteine nel colon, sono considerati nocivi per l’intestino e possono scatenare l’infiammazione, oltre ad avere effetti negativi sulla motilità intestinale 8. Nell’uomo, la disbiosi nella CKD è associata al calo del microbiota che produce SCFA, ma le autrici non sono a conoscenza di studi riguardanti i BCFA.

SCFA e BCFA sono prodotti del metabolismo colonico

Figura 4. SCFA e BCFA sono prodotti del metabolismo colonico, con effetti diversi.

Cosa sappiamo nei gatti?

Esistono informazioni relativamente limitate in medicina veterinaria per quanto riguarda il microbiota e le tossine uremiche e la loro associazione con la nefropatia, ma le nostre conoscenze sono più avanzate nei gatti. Rispetto ai gatti sani (≥ 8 anni), è stato documentato che i gatti con CKD hanno una disbiosi caratterizzata da riduzione della diversità e ricchezza microbica fecale basata sul sequenziamento del gene 16S dell’RNA ribosomiale (rRNA) 9. Inoltre, i gatti con CKD accumulano tossine uremiche di origine intestinale nella circolazione sistemica. È stato dimostrato che, nella CKD felina, sono presenti livelli significativamente elevati di IS (Figura 5), che sono associati alla progressione della malattia 10,11,12. Sebbene le concentrazioni di pCS non differissero significativamente in uno studio tra i gruppi sani e quelli con CKD, le massime concentrazioni sono state osservate nei gatti con CKD 9. È interessante notare che persino nei gatti con CKD in Stadio 2 IRIS sono state documentate concentrazioni di tossina uremica che erano significativamente maggiori rispetto ai gatti di controllo, il che implica che questo squilibrio si verifichi relativamente presto durante il processo patologico.

Quando le concentrazioni fecali di SCFA a catena lineare (acido acetico, acido propionico, acido butirrico, acido valerico) e di BCFA (acido isobutirrico, acido isovalerico) sono state valutate nei gatti con CKD e nei soggetti di controllo sani, il primo gruppo ha mostrato un aumento dell’acido isovalerico fecale, in particolare nei gatti con CKD in Stadio 3 e 4 IRIS 9. I gatti con atrofia muscolare avevano concentrazioni fecali di BCFA maggiori rispetto ai gatti senza atrofia muscolare. Ulteriori studi hanno dimostrato che i gatti con CKD hanno un profilo dell’acido biliare fecale alterato 13, e un deficit di molti aminoacidi essenziali nel siero 14. Nel complesso, questi riscontri supportano il malassorbimento delle proteine nei gatti con CKD, ma sono necessarie ulteriori indagini per comprendere più a fondo l’interazione tra intestino e reni in questa specie. Tuttavia, questi studi supportano l’idea che il microbiota intestinale sia un obiettivo terapeutico nei gatti con CKD, con l’obiettivo di ridurre la produzione di tossine uremiche nocive di origine intestinale e ripristinare una comunità microbica intestinale più sana.

Il livello di indossile solfato è significativamente maggiore nei gatti con CKD rispetto ai gatti sani senior

Figura 5. Il livello di indossile solfato è significativamente maggiore nei gatti con CKD rispetto ai gatti sani senior 9). 
© Redrawn by Sandrine Fontègne

L’intestino come obiettivo terapeutico potenziale

Tossine uremiche

Dati gli effetti negativi potenziali delle tossine uremiche di origine intestinale, e le scarse possibilità di rimuoverle con l’emodialisi a causa del loro legame con le proteine, la medicina umana si è concentrata sulle strategie per ridurre la produzione di IS e pCS, inclusa la modulazione della crescita microbica nel colon mediante gestione dietetica, uso di prebiotici, probiotici, e adsorbimento mirato delle tossine uremiche utilizzando agenti adsorbenti 4,5. La generazione di IS e pCS può essere modulata aumentando selettivamente i batteri saccarolitici e riducendo i batteri proteolitici presenti nel colon, come pure ottimizzando il tempo di transito intestinale (motivo per cui è importante affrontare la stipsi). È stato dimostrato che prebiotici e probiotici influenzano la composizione del microbiota del colon, e questi sono stati utilizzati con successo per ridurre le concentrazioni di IS e pCS nei pazienti con CKD. Inoltre, è stato dimostrato che aumentando i livelli dietetici di carboidrati e fibra, e riducendo l’assunzione di proteine si riducono le concentrazioni di IS e pCS. Anche gli adsorbenti, come ad esempio sevelamer cloridrato e AST-120, vengono utilizzati per limitare l’assorbimento intestinale di queste tossine 15,16. Tuttavia, ci sono poche pubblicazioni sulle strategie per ridurre le tossine uremiche di origine intestinale nei pazienti veterinari con CKD, e sembrano dunque giustificate ulteriori indagini su questo possibile target terapeutico.

Il concetto di riduzione delle tossine uremiche e dei segni clinici dell’uremia attraverso l’attenuazione del carico proteico dietetico è il dogma su cui si è basata storicamente la modifica delle proteine nelle diete terapeutiche renali veterinarie. Tuttavia, data la mancanza di studi, non esiste attualmente una robusta evidenza a supporto della riduzione delle tossine uremiche o dei segni clinici dell’uremia ottenuta limitando le proteine, e da questo derivano le discussioni più recenti, in particolare nei gatti, sul contenuto proteico ideale nelle diete renali 17,18. Esistono dati limitati sugli effetti dei vari contenuti proteici sulle tossine uremiche nei gatti. In uno studio su gatti sani, una dieta a contenuto proteico maggiore (10,98 g/100 kcal EM contro 7,44 g/100 kcal EM) è stata associata a concentrazioni aumentate di IS e concentrazioni relativamente più elevate di pCS 19. Analogamente, uno studio condotto su gatti con CKD in Stadio 1 IRIS che avevano ricevuto tre diete con livelli proteici diversi ha dimostrato che avevano concentrazioni di IS e pCS inequivocabilmente maggiori quando ricevevano la dieta a contenuto proteico maggiore (8,01 g/100 kcal EM contro 6,95 g/100 kcal ME e 5,65 g/100 kcal EM) 20.

Jessica M. Quimby

I gatti con nefropatia cronica hanno una disbiosi, e ciò conferma l’idea che l’intestino sia un bersaglio terapeutico per migliorare potenzialmente la longevità e le comorbilità.

Jessica M. Quimby

Esiste ancora un certo dibattito sul contenuto proteico ideale delle diete renali per gatti, poiché sono considerati carnivori obbligati e quindi hanno un fabbisogno proteico maggiore rispetto ai cani e all’uomo. Gli studi suggeriscono che i gatti senior possano richiedere quantità maggiori di proteine rispetto ai gatti più giovani; inoltre, molti gatti con CKD mostrano nel tempo un calo del peso corporeo, del punteggio delle condizioni fisiche e/o della massa muscolare. Tenendo conto delle informazioni finora note, le raccomandazioni riguardanti le proteine alimentari nei gatti con CKD consistono probabilmente nel bilanciare con cautela il contenuto proteico mettendo su un piatto della bilancia la limitazione della produzione di tossine uremiche e sull’altro il mantenimento della massa magra corporea. Un concetto chiave per il successo quando si fornisce una dieta con proteine modificate è garantire che l’animale riceva anche un apporto calorico adeguato. 

Nei gatti con CKD sono stati utilizzati trattamenti con prebiotici e probiotici nella speranza di migliorare la salute del microbiota intestinale e ridurre le concentrazioni ematiche delle tossine uremiche di origine intestinale. Nei gatti con CKD è stato valutato l’uso di un integratore probiotico commerciale (Enterococcus faecium SF68), e il relativo studio ha segnalato che non aveva effetti apprezzabili sul microbiota intestinale e sulle concentrazioni sieriche delle principali tossine uremiche di origine intestinale 21. Un altro studio ha valutato l’effetto della fibra fermentabile (un prebiotico) nelle diete sperimentali sul microbiota fecale nei gatti con CKD, e ha scoperto che questo era resistente ai cambiamenti rispetto ai gatti sani 22. La fibra ha ridotto le concentrazioni relative delle tossine uremiche plasmatiche nei gatti con CKD rispetto ai gatti sani, e questo supporta l’idea che alterare il microbiota intestinale possa ridurre la produzione delle tossine uremiche di origine intestinale; tuttavia, sono necessarie strategie basate sull’evidenza specie-specifiche per avvalorare tale tesi.

In molti Paesi sono ora disponibili in commercio alcuni prodotti; questi includono un probiotico/prebiotico concepito per esercitare un effetto benefico sul microbiota creando un ambiente con produzione ridotta di tossine uremiche, e un adsorbente a base di carbonio progettato per legare l’indolo nel tratto digerente e impedirne l’assorbimento nell’organismo. Quest’ultimo ha dimostrato di ridurre l’indossile solfato nei gatti senior dopo otto settimane di somministrazione 23, ma non sono ancora disponibili dati sull’efficacia di uno qualsiasi dei prodotti nel ridurre le concentrazioni di IS nei gatti con CKD.

Stipsi

La prevalenza della stipsi associata alla CKD felina non è stata segnalata, ma sembra essere aneddoticamente un problema medico comune (Figura 6). I risultati preliminari di un’indagine che sta indagando i comportamenti fecali nei gatti suggeriscono che l’evacuazione sia meno regolare nella CKD, e che la causa della stipsi in questi gatti sia probabilmente una disfunzione dell’equilibrio idrico, forse combinata con anomalie della motilità gastrointestinale. Dato che i reni non riescono a fornire una capacità di concentrazione dell’urina adeguata, e che il paziente deve combattere una disidratazione subclinica cronica, l’acqua viene riassorbita dal colon per compensare le perdite. Anche l’ipokaliemia e l’uso di chelanti il fosfato possono contribuire alla stipsi 24,25. La terapia per la stipsi può includere la correzione della disidratazione e dello squilibrio elettrolitico, la somministrazione di una dieta, di fibra, di ammorbidenti fecali osmotici, o di agenti che favoriscono la motilità come ad esempio il lattulosio. Oltre agli effetti clinici, la stipsi può avere altre conseguenze negative ed è probabilmente un classico esempio dell’asse intestino-rene. Come accennato in precedenza, i pazienti umani che presentano stitichezza e CKD hanno concentrazioni di tossine uremiche maggiori rispetto ai pazienti con punteggi fecali normali, senza contare che tali tossine possono avere effetti negativi sulla motilità gastrointestinale 8. I modelli di laboratorio della CKD hanno dimostrato un miglioramento significativo per quanto riguarda le tossine uremiche, la creatinina e persino l’istopatologia renale dopo un regime con lattulosio 26.

La stipsi è un riscontro comune nei gatti con CKD e va trattata in modo appropriato

Figura 6. La stipsi è un riscontro comune nei gatti con CKD e va trattata in modo appropriato, altrimenti può avere una varietà di conseguenze negative. 
© The Ohio State University Veterinary Medical Center

Conclusione

Anche se resta ancora molto lavoro da fare, esiste un’evidenza emergente che il tratto gastrointestinale e i reni interagiscono e si influenzano a vicenda, sia in salute che nella malattia. Dato che molti gatti con insufficienza renale cronica hanno una disbiosi del microbiota, è probabile che l’intestino finisca per diventare un obiettivo principale da affrontare in modo proattivo con terapie specifiche, al fine di migliorare la longevità e la qualità di vita nei gatti affetti.

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Stacie C. Summers

Stacie C. Summers

La Dr.ssa Summers è specialista certificata in Medicina interna dei piccoli animali ed è attualmente Assistant Professor alla Oregon State University Scopri di più

Jessica M. Quimby

Jessica M. Quimby

La Dr.ssa Quimby ha conseguito la laurea presso l’University of Wisconsin-Madison nel 2003 Scopri di più

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