Enzimi epatici canini – Domande frequenti
Il prelievo di sangue per la valutazione dello stato epatico è all’ordine del giorno nella pratica, ma l’interpretazione dei risultati può essere più difficile di quanto possa sembrare a prima vista.
Numero 34.2 altro: scientifici
Pubblicato il 17/01/2025
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Come formulare una diagnosi definitiva di fronte a un gatto che potrebbe avere la peritonite infettiva felina? Questo articolo illustra le opzioni diagnostiche.
La peritonite infettiva felina (FIP) è una malattia grave che colpisce i gatti di tutto il mondo, e la diagnosi definitiva può essere problematica.
I test ematologici non sono diagnostici, sebbene possano rivelare anemia, linfopenia e neutrofilia, come pure livelli elevati di globulina e proteine di fase acuta.
Un titolo anticorpale positivo dimostra solo l’esposizione al virus; sebbene i livelli tendano a essere relativamente alti nei gatti con FIP, molti animali infetti possono essere sieronegativi.
Una diagnosi definitiva di FIP si ottiene rilevando le tipiche alterazioni istopatologiche nei tessuti, insieme al rilevamento intralesionale del virus mediante immunoistochimica.
La peritonite infettiva felina il cui acronimo è FIP, è una malattia grave dei felini domestici e selvatici che si verifica in tutto il mondo. L’agente eziologico è il coronavirus felino (FCoV) che muta dal biotipo enterico, quasi innocuo (coronavirus enterico felino, FECV), al biotipo sistemico fortemente virulento (virus della peritonite infettiva felina, FIPV) 1. FCoV è un grosso virus a RNA, a singola elica, a polarità positiva, dotato di involucro esterno, spesso presente nei gatti, con una sieroprevalenza superiore al 90% nelle famiglie in cui convivono più gatti 2. Questo articolo offre una revisione dell’eziopatogenesi del virus e delle opzioni diagnostiche per la FIP; inoltre, sebbene esuli dallo scopo di questo articolo, vale la pena notare che, sebbene la condizione sia sempre stata storicamente considerata inevitabilmente fatale, alcuni approcci terapeutici innovativi (non autorizzati nella maggior parte dei paesi) hanno recentemente dimostrato una buona efficacia nel trattamento della malattia 3.
La trasmissione virale è principalmente fecale-orale, mentre altre vie, come ad esempio quella salivare o transplacentare, sono descritte solo raramente 1. Le cassette per lettiera rappresentano la principale fonte di infezione, e FCoV può sopravvivere nella materia fecale fino a 7 settimane 4. Di solito, i gattini si infettano quando gli anticorpi materni iniziano a diminuire, generalmente intorno alle 5-6 settimane di età 5. FCoV raggiunge quindi le cellule epiteliali colonnari dell’intestino tenue dove si replica e può causare sintomi gastrointestinali molto lievi (o talvolta più gravi) 6. Il virus si replica all’interno dei monociti, anche nei gatti sani, e può quindi essere trovato nel sangue per un breve periodo di tempo 7.
Sono stati identificati tre principali pattern di diffusione virale nelle feci. Una piccola percentuale di gatti (3-9%) sembra essere resistente all’infezione e non diffonde mai il virus oppure lo fa solo per breve tempo; il 10-15% elimina il virus a lungo termine o in modo persistente, mentre la maggioranza (70-80%) sembra eliminare il virus in modo intermittente. Quest’ultimo pattern è probabilmente una conseguenza della continua reinfezione e/o delle limitazioni dei test PCR 1,8. L’escrezione fecale nei gatti giovani è molto elevata, soprattutto nelle famiglie in cui convivono più gatti. Maggiore è il carico virale, maggiori saranno i livelli di replicazione virale e il conseguente tasso di mutazione 8. Si svilupperanno molte popolazioni virali geneticamente correlate ma distinte (“quasi-specie”) e una cambierà il proprio tropismo cellulare per acquisire la capacità, sia di replicarsi in modo efficiente nei monociti/macrofagi, sia di attivare tali cellule e diffondersi a livello sistemico 1,8.
Inoltre, il tipo di risposta immunitaria dell’ospite, insieme a fattori aggiuntivi (ad es. lo stress), può svolgere un ruolo sia nella patogenesi che nel tipo di malattia 8. Infatti, mentre una risposta cellulo-mediata sembra conferire resistenza allo sviluppo della malattia, la forma “umida” della FIP, caratterizzata da versamenti cavitari, dipende da una risposta immunitaria massiccia mediata dai linfociti B. La forma non effusiva (secca) sembra essere conseguenza di una risposta cellulo-mediata parzialmente efficace, che confina le lesioni a un numero limitato di organi 9. È comune osservare una sovrapposizione tra le due forme, con casi non effusivi che sviluppano versamenti negli stadi terminali, oppure forme effusive che mostrano lesioni granulomatose all’autopsia 6.
Sebbene sia ampiamente accettato che la risposta immunitaria possa influenzare il decorso dell’infezione, non è stata ancora identificata l’esatta mutazione ritenuta responsabile del passaggio dal biotipo FECV al biotipo FIPV. Ciò limita la possibilità di diagnosticare la FIP attraverso l’identificazione del ceppo mutato, poiché i risultati della sierologia o della PCR sono positivi nei gatti infetti da qualsiasi biotipo. Pertanto, la diagnosi deve basarsi su numerosi altri riscontri clinici e di laboratorio che possono fornire risultati molto specifici, oppure aumentare la probabilità diagnostica della FIP 1,6,8.
I gatti con FIP sono generalmente giovani (soprattutto <2 anni) e i maschi sembrano essere più suscettibili. Tuttavia, sono talvolta colpiti animali più anziani (>10 anni di età), e sono recentemente aumentati i casi nei gatti adulti, soprattutto con la nuova variante FCoV 23 8,10. Spesso, c’è un’anamnesi di un evento stressante recente come, ad esempio, l’adozione o la sterilizzazione 11. I soggetti provenienti da un ambiente in cui convivono molti gatti sono a rischio maggiore di sviluppare la FIP; sebbene un ampio studio abbia osservato che la maggior parte dei gatti malati proveniva da famiglie con uno o due gatti, è stato suggerito che i gatti colpiti fossero stati esposti al virus in un periodo precedente 1,11.
I segni clinici comuni alle due forme della malattia sono letargia, inappetenza, perdita di peso/accrescimento stentato, febbre (con alternanza di miglioramenti e peggioramenti, 39,5-40°C), linfoadenopatia e ittero (Figura 1) 11,12. La FIP effusiva (umida) è caratterizzata da vasculite e sierosite diffuse, che portano allo sviluppo di uno o più versamenti cavitari (addominale, pleurico, pericardico e, raramente, scrotale), e altri comuni riscontri sono ascite e distensione addominale (Figure 2 e 3) 13. I segni della FIP non effusiva (secca) dipendono dalla localizzazione delle lesioni granulomatose; queste colpiscono spesso il sistema nervoso centrale (si manifestano spesso con crisi convulsive, anomalie comportamentali, atassia, nistagmo, iperestesia o talvolta paralisi e depressione), gli occhi (spesso con uveite e/o corioretinite) (Figura 4) e/o organi addominali come ad esempio linfonodi, reni, fegato, milza e/o tratto gastrointestinale 1,8. Talvolta, la FIP non effusiva può essere localizzata, con ampie masse addominali palpabili che possono ricordare un tumore; queste possono essere causate dall’ingrossamento dei linfonodi mesenterici o da lesioni intestinali solitarie, soprattutto del colon o della giunzione ileocecocolica (Figura 5) 13,14.
Nella FIP si osservano spesso alterazioni ematologiche indicative di un processo infiammatorio, ma sono aspecifiche. Le anomalie più frequenti sono l’anemia normocitica non rigenerativa, l’anemia normocromica, la linfopenia e la neutrofilia con o senza spostamento a sinistra. Spesso, si osserva anche microcitosi, con o senza anemia 11,13.
Possono essere rilevate numerose anomalie biochimiche, che possono avere una certa accuratezza diagnostica. Il profilo proteico mostra solitamente iperglobulinemia, con o senza iperproteinemia, bassa concentrazione di albumina e rapporto albumina/globulina (A:G) basso. La FIP è considerata molto probabile con un valore di A:G <0,4 e improbabile con A:G >0,8. Tuttavia, questi valori devono essere valutati insieme al quadro clinico e ad altri riscontri di laboratorio 8,13.
L’elettroforesi delle proteine sieriche (SPE) mostra tipicamente una diminuzione dell’albumina, un aumento della frazione α2 e una gammopatia policlonale, sebbene quest’ultima possa essere meno importante se la SPE viene eseguita precocemente nel corso della malattia (Figura 6) 15.
È frequente anche l’iperbilirubinemia (in assenza di emolisi, alterazioni del parenchima epatico o colestasi), soprattutto nella forma effusiva, ed è probabilmente una conseguenza diretta della distruzione degli eritrociti nelle lesioni8. Si possono osservare anche altre alterazioni biochimiche (ad es. aumento dei livelli degli enzimi epatici), a seconda della localizzazione e della gravità delle lesioni 6. La maggior parte delle proteine di fase acuta felina (APP), cioè amiloide A sierica, aptoglobina e glicoproteina acida α1 (AGP), aumenta notevolmente con la FIP, ma AGP è la più specifica; infatti, aumenti marcati di AGP supportano la diagnosi e possono differenziare la FIP da altri disturbi infiammatori 16,17. Tuttavia, ancora una volta, il quadro deve essere valutato insieme ad altre alterazioni che supportino la malattia.
Come detto in precedenza, un risultato positivo alla sierologia dimostra solo l’esposizione a FCoV. Nei gatti con FIP si possono trovare titoli anticorpali relativamente superiori, ma ciò può riguardare anche gatti sani in gattili endemici per FCoV, a causa della continua reinfezione; allo stesso tempo, una buona percentuale di gatti con FIP può essere sieronegativa, a causa degli anticorpi che formano complessi con gli antigeni circolanti 6. Analogamente, nel sangue degli animali sani si può reperire RNA virale. Inoltre, il carico virale ridotto caratteristico della viremia da FCoV è alla base della bassa sensibilità analitica dei test con reazione a catena della polimerasi a trascrizione inversa (RT-PCR). Per questi motivi, sia i test sierologici, sia i test ematologici con RT-PCR non vanno utilizzati come test diagnostici per la FIP 6,13.
I versamenti associati alla FIP hanno numerose caratteristiche peculiari, e alcuni test mostrano un’accuratezza ottimale, tanto da rendere il prelievo e l’analisi degli eventuali versamenti presenti un passo necessario. Macroscopicamente, il versamento è tipicamente giallastro, appiccicoso e può contenere coaguli di fibrina (Figura 7). Il contenuto di proteine totali è alto (>3,5 g/dL) e la conta cellulare è generalmente bassa (<5000 cellule/μL), anche se questo riscontro può essere variabile. L’elettroforesi del versamento ricorda quella della SPE, e il rapporto A:G è solitamente altrettanto basso (<0,4) 1,6,8. La citologia mostra la presenza di neutrofili per lo più non degenerati, macrofagi e pochi linfociti su uno sfondo proteinaceo eosinofilo granulare (Figura 8). Nonostante questo pattern aspecifico, si raccomanda di eseguire sempre la citologia per escludere la presenza di un processo infiammatorio settico o di cellule neoplastiche, che sono altre cause comuni di essudato e che, se presenti, rendono meno probabile la FIP 13.
La prova di Rivalta è un test economico, point-of-care, che si esegue aggiungendo una goccia del versamento a una soluzione acida; se il campione coagula e mantiene la propria forma, il risultato è positivo. Questo test ha un valore predittivo negativo elevato (cioè, un risultato negativo rende improbabile la FIP 18); tuttavia, un risultato positivo non consente da solo di confermare la FIP, poiché sono possibili falsi positivi con altri tipi di essudato (ad es. peritonite batterica, linfoma). Ancora una volta, l’uso della citologia insieme a questo test aiuta a identificare la malattia 13,18,19. È stato descritto un test simile, delta della conta delle cellule nucleate totali (DTNC), che si effettua con un analizzatore ematologico commerciale 20. Anche in questo caso, il test si basa sull’aggregazione delle cellule dopo l’aggiunta di un reagente acido, e coinvolge l’uso dell’analizzatore per misurare i leucociti in due canali distinti. Il valore di DTNC, cioè il rapporto tra i due conteggi ottenuti, è aumentato nei versamenti della FIP e ha una buona accuratezza diagnostica.
Come nel caso del siero, l’accuratezza diagnostica associata alla misurazione dei titoli anticorpali nei versamenti è bassa. I versamenti della FIP possono mostrare risultati sierologici negativi pur avendo RT-PCR positiva, a volte anche con una correlazione inversa (cioè una sierologia negativa nonostante un carico virale elevato) 19. D’altra parte, con i versamenti sono molto utili i test diretti che dimostrano l’antigene. La RT-PCR mostra sensibilità e specificità da buone a molto buone, sebbene produca talvolta falsi positivi 21. Ciò può essere dovuto alle quantità di FCoV circolante, anche piccole, che fuoriescono dal sangue per passare nel versamento a causa di un’infiammazione di altra origine. In generale, un risultato positivo della RT-PCR abbinato ad alterazioni citologiche e biochimiche compatibili con la FIP è fortemente indicativo della malattia 8.
Un’altra possibilità è l’esecuzione di vari metodi di immunocitochimica (ICC); questi possono dimostrare l’antigene FCoV nei macrofagi tramite immunocolorazione, ma la sensibilità è generalmente da bassa a moderata, il che significa che possono verificarsi facilmente risultati falsi negativi; d’altro canto, la specificità è elevata sebbene non ottimale, cosa che lo rende un buon test di conferma in presenza di altre alterazioni a supporto della diagnosi 22. Come con la RT-PCR, possono verificarsi risultati falsi positivi dopo una viremia e una perdita di RNA virale nel versamento dei gatti senza FIP, oppure a causa di problemi tecnici come, ad esempio, un legame anticorpale aspecifico 6,22.
Angelica Stranieri
È più probabile che i segni neurologici si manifestino nella forma non effusiva della FIP e in questi casi può essere appropriato il prelievo del fluido cerebrospinale (FCS). Le alterazioni clinico-patologiche sono aspecifiche ma possono essere indicative di infiammazione come, ad esempio, aumento del contenuto proteico e pleocitosi mista, solitamente piogranulomatosa. Tuttavia, è anche possibile che la citologia sia irrilevante 8,19. I test diretti si sono dimostrati utili, ma con alcune limitazioni; come per i versamenti, l’ICC su FCS ha mostrato un’elevata sensibilità, ma la specificità è troppo bassa per renderlo un test di conferma prezioso 1,19.
La RT-PCR ha mostrato una sensibilità variabile da bassa a moderata a seconda dello studio, e una specificità molto buona (fino al 100%), il che significa che è molto improbabile che produca risultati falsi positivi. Inoltre, è stato segnalato che la sensibilità di questo test aumenta drasticamente quando si valutano solo i gatti con segni neurologici, cosa che rende la RT-PCR su FCS un test molto utile in questi casi 8,19. Tuttavia, esiste la rara possibilità che si possano ottenere risultati falsi positivi in caso di danno della barriera ematoencefalica, con conseguente fuoriuscita di FCoV circolante, e questo dimostra ancora una volta l’importanza di valutare i risultati di laboratorio insieme ad altre metodologie diagnostiche a supporto della malattia 19.
Nei gatti con coinvolgimento oculare (uveite piogranulomatosa e granulomatosa e/o corioretinite), con o senza segni neurologici concomitanti, è possibile prelevare l’umore acqueo (AH) 13. Non sono stati descritte in modo approfondito le alterazioni clinicopatologiche. La citologia può mostrare un’infiammazione piogranulomatosa neutrofila, e può essere utile se sono presenti cellule neoplastiche (ad es. linfoma) 19. La concentrazione delle proteine totali è aumentata, soprattutto nella FIP non effusiva, e questa misurazione può essere utile (dati non pubblicati).
Pochi studi hanno valutato l’ICC per l’AH e tali studi mostrano sensibilità e specificità appena moderate, e sono stati registrati risultati falsi positivi; quindi, questa opzione non può essere utilizzata come test di conferma. Sono necessarie ulteriori indagini per valutare la potenza diagnostica di questo test, poiché potrebbe essere uno strumento utile quando non sono disponibili altri test (ad es. analisi del versamento nei casi non effusivi) 13. Inoltre, ci sono pochissimi studi che valutano l’uso della RT-PCR sull’AH; i resoconti mostrano una specificità ottimale a fronte di una sensibilità molto bassa, che la rende un valido strumento per confermare la malattia ma non per escluderla; ancora una volta, sono possibili falsi positivi quando la barriera emato-oculare è danneggiata da altri processi patologici (19; dati non pubblicati).
Attualmente, una diagnosi definitiva di FIP si ottiene rilevando le tipiche alterazioni istopatologiche nei tessuti, insieme al rilevamento intralesionale di FCoV mediante immunoistochimica (IHC) (Figura 9) 19. Tuttavia, questi test hanno alcune limitazioni. Le lesioni istologiche indicative di FIP (cioè piogranuloma sulle superfici sierose, granulomi, infiltrati linfoplasmacellulari, vasculite) non sono distribuite uniformemente e possono sfuggire al prelievo bioptico. Inoltre, l’antigene virale può essere distribuito in modo variabile nelle lesioni, ed è pertanto necessario ottenere più sezioni nel caso di un risultato dell’IHC negativo inatteso. Inoltre, i pattern istologici tipici della FIP possono essere talvolta osservati anche in altre condizioni, cosa che rende obbligatorio in questi casi l’uso dell’IHC 23.
È anche interessante notare che la laparoscopia o la laparotomia per prelevare campioni bioptici può comportare rischi se le condizioni cliniche del paziente sono scadenti. Data questa limitazione, alcuni studi hanno valutato l’accuratezza diagnostica di approcci meno invasivi. L’esame citologico degli organi colpiti non è stato studiato a fondo, e non sono state segnalate alterazioni specifiche 8,24. L’ICC sugli agoaspirati con ago sottile (FNA) di fegato e reni hanno bassa sensibilità, sebbene un recente studio che ha valutato gli FNA sui linfonodi mesenterici abbia mostrato una sensibilità ragionevole ma una specificità non ottimale, ottenendo un risultato falso positivo probabilmente correlato ai linfonodi che agiscono come sede di persistenza di FCoV nei gatti senza FIP. Pertanto, questo test non può escludere la FIP, ma può essere un utile test di conferma insieme ad altre alterazioni compatibili 19,25.
Quando si confrontano i risultati dell’IHC e della RT-PCR sulle biopsie tissutali, la prima è più accurata, poiché la RT-PCR ha una specificità inferiore a causa della presenza ben nota di FCoV sistemico nei gatti senza FIP 8,23. D’altra parte, la RT-PCR sugli FNA ottenuti dai linfonodi mesenterici ha dimostrato sensibilità e specificità del 90% e del 96%, rispettivamente, con alcuni falsi negativi registrati solo nei casi neurologici. Pertanto, questo metodo può rappresentare un utile compendio non invasivo al profilo diagnostico della FIP 24.
Sebbene ampiamente studiate per anni, nessuna delle mutazioni identificate nelle sequenze isolate da gatti con FIP è stata dimostrata specifica per la malattia 8. Le mutazioni del gene spike (S), responsabile del riconoscimento del recettore dell’ospite e della fusione della membrana della cellula virale, sono state valutate in molti studi, ma la potenza diagnostica di questo test è limitata ed è influenzata dalla tecnica di sequenziamento utilizzata. Per esempio, quando si utilizzano determinate tecniche (ad es. discriminazione allelica), si registra un numero elevato di risultati falsi negativi poiché sono necessari carichi virali elevati per ottenere un risultato, e l’insuccesso del sequenziamento viene registrato come risultato negativo 6. D’altro canto, quando si utilizza il pirosequenziamento, la specificità del test è bassa o non migliore rispetto ad altre tecniche 21. Pertanto, nonostante sia probabilmente coinvolto nella patogenesi della FIP, il rilevamento incostante delle mutazioni del gene S suggerisce che siano probabilmente coinvolte più mutazioni, e la sua identificazione aggiunge informazioni limitate o nulle rispetto alla RT-PCR convenzionale 8.
Saverio Paltrinieri
La peritonite infettiva felina è una malattia diffusa in tutto il mondo, ma la diagnosi definitiva della condizione resta elusiva; i titoli anticorpali dimostrano solo che un gatto è stato esposto a FCoV, e in realtà alcuni gatti con FIP possono avere titoli negativi. I risultati ematologici e biochimici possono essere utili ma non sono patognomonici per la malattia, e i test sui versamenti possono offrire risultati falsi positivi e falsi negativi. Si raccomanda pertanto un approccio combinato con l’uso di tecnologie diagnostiche avanzate, e non può essere mai enfatizzata abbastanza l’importanza di valutare diversi risultati di laboratorio per ottenere una conclusione motivata.
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Angelica Stranieri
La Dr.ssa Stranieri ha conseguito la laurea nel 2013 presso l’Università degli Studi di Milano e successivamente ha ottenuto il PhD con una tesi sugli aspetti della peritonite infettiva felina e dell’infezione da coronavirus felino Scopri di più
Saverio Paltrinieri
Il Dr. Paltrinieri ha conseguito la laurea presso l’Università degli Studi di Milano nel 1993 Scopri di più
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