Valutazione del dolore nel cane: la Glasgow Pain Scale
Il dolore è un’esperienza emotiva personale sgradevole. Ha 3 caratteristiche : Sensoriale o discriminante (posizione, intensità, qualità, durata)...
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Numero 25.3 altro: scientifici
Pubblicato il 19/04/2021
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Le ferite penetranti traggono spesso in inganno! Una puntura cutanea apparentemente innocua può nascondere un tessuto che è stato significativamente compromesso a causa di forze energiche, danno vascolare e/o inoculazione di batteri o di materiale estraneo.
Quando viene presentato un caso di ferita da morso o da proiettile, occorre pensare che sia la “punta dell’iceberg”: una piccola superficie danneggiata nasconde spesso danni di grande entità nei tessuti più profondi!
L’endoscopia permette di rilevare precocemente le perforazioni esofagee prima che appaiano i segni clinici.
Le ferite penetranti devono essere aperte, esplorate, sbrigliate chirurgicamente e lavate; solitamente, si trattano al meglio come ferite aperte. Se le ferite richiedono la chiusura, devono essere chiuse sopra un drenaggio.
Se esiste una ferita penetrante (o la si teme) o una lesione da schiacciamento significativa dell’addome, è indicata la celiotomia esplorativa.
I corpi estranei conficcati nel corpo vengono rimossi al meglio attraverso un approccio chirurgico in sala operatoria con il paziente anestetizzato e perfettamente preparato.
Un morso di cane può generare oltre 31 kg/cm² di pressione 1, causando danni tissutali sia diretti sia collaterali. Quando i denti canini dell’aggressore penetrano la cute e l’assalitore scuote la testa, l’elasticità della cute permette a questa di muoversi insieme ai denti, cosicché la cute presenterà solo i fori d’ingresso. A livello ipodermico, tuttavia, i denti esercitano un’azione di taglio attraverso un’ampia superficie di tessuto meno mobile, staccando la cute dal muscolo, lacerando i tessuti molli e le strutture neurovascolari, creando uno spazio morto, e inoculando batteri e materiale estraneo. Questa lesione è ulteriormente aggravata dalle forze di compressione esercitate dai premolari e molari.
Analogamente alle morsicature, le pallottole provocano sia danni diretti che collaterali (Figura 1), trasmettendo un’energia proporzionale alla loro massa e velocità (energia cinetica = ½ x massa x velocità2). I tessuti densi (ad esempio, fegato, milza, osso) assorbono più energia dei tessuti meno densi e più elastici (ad esempio, muscoli e polmoni), il che spiega il motivo per cui l’osso corticale colpito da un proiettile può frantumarsi in più frammenti (ognuno dei quali diventa un nuovo proiettile) mentre un proiettile identico con la stessa energia può passare di netto attraverso un lobo polmonare. La cavitazione, cioè l’onda di pressione creata da un proiettile, può far sì che quest’ultimo possa fratturare ossa, lacerare vasi, spaccare l’intestino e contundere organi con cui non arriva mai direttamente a contatto.
Il termine “effetto punta dell’iceberg” può essere utile per descrivere le ferite da morso e da proiettile, perché il danno limitato osservato sulla cute nasconde spesso danni di grande entità dei tessuti sottostanti. Nei tessuti sottocutanei, condizioni come necrosi, ematomi, vascolarizzazione compromessa, spazio morto, batteri inoculati e materiale estraneo, stimolano le cascate locali infiammatoria, immunologica, della coagulazione e fibrinolitica. Con un trattamento insufficiente, queste cascate possono sopraffare il controllo del corpo, esitando nella “sindrome da risposta infiammatoria sistemica” (SIRS, Systemic Inflammatory Response Syndrome) o nella sepsi (SIRS + infezione) 2 3 4. I pazienti possono apparire stabili persino quando il corpo sta evolvendo verso la SIRS, quindi scompensare acutamente parecchi giorni dopo la lesione. Per fermare la progressione della SIRS, il clinico deve tenere presente fin dall’inizio l’effetto punta dell’iceberg ed essere proattivo.
Altre lesioni penetranti possono essere causate da schegge di legno (ad esempio, quando si gioca al “riporto”, facendo recuperare all’animale un bastoncino lanciato dal padrone) o da altri oggetti ambientali. La quantità di energia trasmessa dipende dalla massa e dalla velocità (dell’oggetto o del cane, a seconda di quale si muove) e “l’effetto punta dell’iceberg” è dovuto al trauma da oggetto contundente associato a oggetti che non sono aerodinamici.
Per valutare appieno l’entità del trauma causato dalle lesioni penetranti, è necessaria l’esplorazione chirurgica 2 3 7. Inoltre, lo sbrigliamento chirurgico accurato del tessuto devitalizzato contaminato è l’unico modo efficace per prevenire o trattare la SIRS o la sepsi. Le ferite penetranti devono quindi essere aperte, esplorate, sbrigliate chirurgicamente e lavate da subito 2 3. Se il danno è terminato direttamente sotto la cute, la chirurgia è minore. Se il danno è avanzato nei tessuti più profondi e/o se c’è materiale estraneo conficcato all’interno, la chirurgia può impedire una notevole morbilità e persino la mortalità.
Si prepara un’ampia area per la chirurgia, poiché il percorso di penetrazione può deviare nei tessuti più profondi. Il chirurgo deve essere pronto a entrare nell’addome o nel torace, se necessario. Si aprono le ferite d’entrata e d’uscita, si osserva il tessuto sottostante e il percorso della lesione viene seguito fino alla massima profondità, sbrigliando chirurgicamente il tessuto danneggiato lungo il decorso (Figura 3) 2. Nelle vittime di ferite da morso, è spesso possibile inserire una pinza emostatica in una ferita e uscire fuori da una serie di altre ferite, data l’avulsione cutanea che si è verificata (Figura 3a). Quando in una zona sono presenti ferite da morso multiple, si può eseguire un’incisione più lunga per accedere in una volta sola al tessuto profondo di tutte queste ferite da morso.
Per facilitare la dissezione è possibile inserire uno strumento o un tubo di gomma nel tragitto della ferita. È comune vedere un danno tissutale crescente man mano che si segue il tragitto nei tessuti più profondi (Figura 3). I setti che separano le aree di spazio morto vanno demoliti e il tessuto chiaramente necrotico deve essere sezionato, a prescindere da quanto il clinico possa desiderare salvarlo, poiché lasciare in sede tali tessuti significa perpetuare l’infiammazione, bloccare la granulazione e aumentare il rischio d’infezione. I segni di necrosi includono colore e consistenza anomali (il tessuto necrotico secco è scuro/nero e coriaceo; il tessuto necrotico umido è di colore giallo/grigio/bianco e viscido) e mancanza di sanguinamento al taglio (supponendo che il paziente non sia ipotermico o ipovolemico). Lo sbrigliamento chirurgico va continuato fino a raggiungere il tessuto vitale. Le linee guida per lo sbrigliamento chirurgico del tessuto di vitalità incerta sono riportate nella Tabella 1.
“In caso di dubbio, tagliare via” se: | “In caso di dubbio, lasciare” se: |
la rimozione è compatibile con la vita | la rimozione è incompatibile con la vita |
E | Oppure |
c'è solo una possibilità di accedere e valutare il tessuto | ci saranno più possibilità di accedere e valutare il tessuto |
E/o | E |
vi è abbondanza di tessuto residuo in modo che non manchi mai | il tessuto sarà prezioso per la chiusura della ferita più avanti |
Esempi: muscoli danneggiati nelle profondità di una ferita; danni a carico di milza, digiuno, lobo epatico o lobo polmonare | Esempi: danni all’unico rene funzionante; cute danneggiata su un arto distale, dove c'è poca cute disponibile per la riparazione |
* Vitalità incerta, significa che non è chiaro se il tessuto sopravviverà; ha qualche segno di vitalità e alcuni segni che sta morendo; il tessuto chiaramente necrotico deve essere rimosso.
Lo sbrigliamento chirurgico è seguito da un lavaggio abbondante a circa 0,5 atm, che massimizza la rimozione di detriti e batteri, riducendo al minimo il danno tissutale (Figura 4). Evitare il lavaggio sotto pressione degli organi fragili. Il lavaggio delle cavità addominale e toracica deve avvenire solamente con soluzione fisiologica sterile, mentre nei tessuti sottocutaneo e muscolare si possono utilizzare soluzioni antisettiche (non esfolianti). Le concentrazioni appropriate sono: soluzione di clorexidina allo 0,05% (ad esempio, 25 ml di clorexidina al 2% + 975 ml di diluente) oppure soluzione di iodio-povidone allo 0,1-1% (per esempio, 10 ml di iodio-povidone al 10% + 990 ml di diluente per ottenere lo 0,1%; 100 ml di iodio-povidone al 10% + 900 ml di diluente per ottenere l’1%).
La ferita sbrigliata chirurgicamente viene lasciata aperta e gestita con la guarigione della ferita in ambiente umido 10 e proseguita con sbrigliamenti e lavaggi seriali, se necessario. La ferita viene chiusa non appena il veterinario è sicuro che sia priva di contaminanti, tessuto necrotico e tessuto malato, che potrebbero andare incontro a necrosi in un secondo momento. Se la ferita deve essere chiusa prima di tale momento, si deve mettere un drenaggio (preferibilmente, un drenaggio chiuso ad aspirazione attiva) e coprirlo con un bendaggio 11. Le cure postoperatorie includono anche fluidoterapia secondo necessità, analgesici e valida nutrizione con una dieta di recupero per sostenere il processo di guarigione. Nei pazienti molto compromessi, considerare l’inserimento di un sondino di alimentazione durante l’anestesia per garantire una nutrizione adeguata durante il recupero.
Per le lesioni penetranti non addominali superficiali e/o di bassa gravità, si possono considerare livelli più conservativi per lo sbrigliamento chirurgico e il lavaggio 12 13. Ad esempio, i danni causati da singole pallottole che non ruotano e non si deformano, limitandosi ad attraversare la cute e i muscoli, possono essere limitati alla cavità permanente, poiché questi tessuti elastici riescono a gestire molto bene l’energia di cavitazione. Un effetto simile può essere creato dalla penetrazione di un corpo estraneo pulito liscio e tagliente.
Una domanda sorge spontanea: gli antibiotici sono indicati per tutte le ferite penetranti? Tali ferite sono contaminate da batteri e detriti e il rischio d’infezione aumenta con l’entità del danno tissutale e della compromissione vascolare. Sebbene gli antibiotici siano generalmente forniti durante la chirurgia, è fondamentale eseguire correttamente lo sbrigliamento chirurgico e il lavaggio per minimizzare il rischio che la contaminazione si trasformi in un’infezione; gli antibiotici non sostituiscono la necessità di curare localmente le ferite 3 20! Gli antibiotici possono essere sospesi nel postoperatorio nei casi di ferite poco profonde, minimamente contaminate e trasformate chirurgicamente in ferite pulite 3 19. Gli antibiotici postoperatori sono chiaramente indicati nei pazienti con danno tissutale esteso, articolazione esposta o frattura articolare, ossa tranciate, SIRS, sistema immunitario compromesso e infezione in atto 1 2 19 21. In questi due gruppi, la decisione non è del tutto chiara e va personalizzata sul singolo animale, includendo la necessità di non usare antibiotici superflui per non creare batteri multi-resistenti. Per i pazienti con ferite infette, la scelta antibiotica si basa in ultima analisi sulle colture aerobiche e anaerobiche. La coltura di un pezzo di tessuto sezionato dalle profondità della ferita è il metodo più affidabile, seguito dalla coltura di materiale purulento; la coltura della superficie della ferita è meno desiderabile a causa dei contaminanti superficiali.
Campbell BG. Bandages and drains. In: Tobias KM, Johnston SA (eds). Veterinary Surgery: Small Animal (1st ed) St. Louis: Elsevier, 2012;221-230.
Kirby BM. Peritoneum and retroperitoneum. In: Tobias KM, Johnston SA (eds). Veterinary Surgery: Small Animal (1st ed) St. Louis: Elsevier, 2012;1391-1423.
Brown DC. Wound infections and antimicrobial use. In: Tobias KM, Johnston SA (eds). Veterinary Surgery: Small Animal (1st ed) St. Louis: Elsevier, 2012;135-139.
Bonnie Campbell
Bonnie Campbell, College of Veterinary Medicine, Washington State University, Stati Uniti d’America Scopri di più
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