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Demistificazione del biofilm nell’otite canina

Pubblicato il 14/06/2024

Scritto da Caroline Léonard

Disponibile anche in Français , Deutsch , Português , Español e English

I biofilm possono rappresentare una delle principali preoccupazioni quando si affrontano le infezioni del condotto uditivo esterno; questo articolo discute i fattori di complessità dei biofilm e prosegue valutando un valido approccio per poterli identificare e gestire efficacemente.

Pseudomonas

Punti chiave

La presenza di biofilm svolge un ruolo significativo nella farmacoresistenza nelle otiti batteriche.


I batteri planctonici mostrano caratteristiche fisiologiche distinte rispetto a quelli presenti nel biofilm, cosa che ne influenza i fattori di virulenza.


La formazione di biofilm può essere osservata sia nelle infezioni monomicrobiche che in quelle polimicrobiche, che coinvolgono non solo batteri ma anche lieviti come, ad esempio, Malassezia spp. 


Le opzioni di trattamento si concentrano principalmente sulla distruzione del biofilm per migliorare l’efficacia degli antibiotici contro i batteri.


Introduzione

L’otite è un’infezione comunemente riscontrata nella pratica della Medicina veterinaria di base, l’allergia è il fattore scatenante più comune nei cani. L’infiammazione del condotto uditivo può causare un’iperproliferazione secondaria di batteri o lieviti e, se non gestita correttamente, l’otite può progredire fino a diventare una condizione cronica. In questi casi possono entrare in gioco complicanze come l’otite media, la calcificazione del condotto uditivo, o le alterazioni della flora microbica dell’orecchio, con conseguente comparsa di ceppi batterici più virulenti 1.

In alcuni casi, in particolare quando sono coinvolti specifici patogeni, ad esempio Pseudomonas spp., si può osservare la formazione di biofilm 1. Il biofilm è una biomassa microbica complessa e con una specifica struttura che ne rende molto difficile l’eliminazione una volta sviluppato. I microrganismi all’interno del biofilm risultano più resistenti, sia al sistema immunitario che al trattamento antibiotico 2. Questo articolo si propone di chiarire il concetto di biofilm, fornendo ai lettori le conoscenze necessarie per identificarlo e trattarlo adeguatamente.

Cosa si nasconde sotto: svelare il mistero dei biofilm

I biofilm sono strutture complesse contenenti un aggregato batterico con una composizione unica. Un biofilm è costituito per circa il 90% da acqua, mentre il restante 10% è costituito da biomassa microbica 2. Oltre all’acqua, i componenti principali della matrice del biofilm sono polisaccaridi extracellulari (EPS), DNA e proteine. Queste componenti conferiscono al biofilm proprietà significative per la sopravvivenza e la persistenza dei microrganismi al suo interno 3.

Lo sviluppo della struttura tridimensionale dei biofilm avviene in più fasi. Tutto inizia con il fissaggio, o adesione, di batteri liberi, o planctonici, a una superficie. Questo fissaggio diventa irreversibile e i batteri subiscono quindi una transizione verso la forma sessile. Successivamente, si aggregano per formare una microcolonia e in seguito all’attivazione di geni specifici avviano la sintesi della matrice extracellulare. Una volta maturato il biofilm, i frammenti contenenti batteri planctonici si staccano e si disperdono nell’ambiente circostante, facilitando la disseminazione del biofilm 2. Un notevole vantaggio della formazione del biofilm è la sua capacità di stabilire un gradiente dagli strati più esterni a quelli più interni, in termini di nutrienti, livelli di ossigeno, tassi di crescita e genetica 4 (Figura 1).

Diagramma del ciclo di sviluppo del biofilm batterico: fasi della crescita tridimensionale e della dispersione

Figura 1. Un esempio del ciclo di sviluppo del biofilm batterico che mostra le varie fasi della crescita tridimensionale e della dispersione. EPS: polisaccaridi extracellulari
© Caroline Léonard/ridisegnata da Sandrine Fontègne

Uno dei fattori chiave dei biofilm batterici è la loro capacità di creare una barriera protettiva resistente agli antibiotici. I batteri incorporati in un biofilm sono meglio protetti dagli effetti dei trattamenti antimicrobici, rendendo le infezioni correlate al biofilm più difficili da eradicare 5. Inoltre, i biofilm mostrano una maggiore resistenza agli stress ambientali, compresi gli attacchi da parte del sistema immunitario dell’ospite; ad esempio, possono essere resistenti alla fagocitosi da parte dei leucociti 6. Un altro aspetto critico dei biofilm è la loro capacità di trasferimento genico orizzontale. Data la stretta vicinanza delle cellule batteriche all’interno del biofilm, gli scambi genetici possono avvenire in modo più efficiente, facilitando la diffusione di tratti vantaggiosi, o dell’antibioticoresistenza, all’interno della popolazione batterica 7

Il quorum sensing (la capacità di rilevare e rispondere alla densità della popolazione cellulare mediante regolazione genetica) svolge un ruolo importante nel complesso processo di formazione del biofilm. In sostanza, il quorum sensing consente ai batteri di coordinare la loro attività in base alla densità cellulare, consentendo ai batteri in un biofilm di sincronizzare la produzione di componenti chiave della matrice extracellulare, come ad esempio gli EPS 2.

Comprendendo lo sviluppo del biofilm: quali microrganismi sono coinvolti?

Sia i batteri Gram-positivi che Gram-negativi sono in grado di produrre il biofilm. Tra i batteri spesso segnalati e osservati nei casi di otite nel cane, Pseudomonas spp. si distingue come agente causale più frequente, con un’incidenza elevata nella produzione di biofilm 8. I biofilm possono essere composti da un singolo microorganismo o includere più microrganismi, un fenomeno noto come formazione di biofilm polimicrobico. Questa diversità nella composizione del biofilm evidenzia la complessità di queste strutture e il loro ruolo nelle infezioni 9.

Tra le altre specie note per la produzione di biofilm, i ricercatori in Medicina umana hanno identificato Staphylococcus epidermidis, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Proteus mirabilis, Streptococcus viridans, Staphylococcus aureus ed Enterococcus faecalis 2. In Medicina veterinaria sono stati riscontrati batteri, tra cui Staphylococcus spp. ed E. coli, che formano biofilm in sedi diverse dall’orecchio 10. Il concetto di biofilm non si limita ai soli batteri; anche alcuni tipi di funghi, come ad esempio Malassezia spp., hanno la capacità di formare biofilm 11. Ciò sottolinea il significato più ampio della formazione di biofilm tra le specie microbiche e sottolinea l’importanza di comprendere e gestire i biofilm nei vari contesti clinici e veterinari. Sottolinea inoltre che, quando si tratta di biofilm, è essenziale non concentrarsi esclusivamente su Pseudomonas spp. ma indagare l’eventuale presenza di altri microrganismi; l’identificazione del patogeno è essenziale per poter debellare l’infezione in maniera efficace. I biofilm possono essere comunità complesse che comprendono varie specie, il che rende fondamentale adottare un approccio articolato per affrontare le varie sfide date dall’identificazione dei patogeni responsabili.

L’entità della produzione del biofilm da parte dei batteri viene solitamente valutata su una scala che va da debole a forte e dipende dai ceppi batterici o fungini coinvolti 12; ad esempio, uno studio ha evidenziato che Pseudomonas aeruginosa è un forte produttore di biofilm rispetto ad altre specie 13. Questa classificazione dei livelli di produzione di biofilm potrebbe forse servire come strumento per valutare la potenziale virulenza e resistenza al trattamento di vari ceppi batterici, aiutando nel processo decisionale e negli approcci terapeutici, ma resta da indagarne l’effettivo impatto clinico 12.

La rilevazione dei biofilm: metodi per l’identificazione e la visualizzazione

L’identificazione di un biofilm può essere una sfida, poiché spesso queste strutture non sono facilmente visibili a occhio nudo e richiedono specifici metodi di indagine 14. Clinicamente, l’aspetto macroscopico del biofilm può variare a seconda della sua maturità, del tipo di microrganismi coinvolti e della sede corporea coinvolta (Figure 2 e 3). Si possono osservare diverse caratteristiche 14:

  • Colore: può variare dal bianco/traslucido al grigio/verde
  • Consistenza: può apparire viscida, appiccicosa o mucoide
  • Forma: può avere un aspetto piatto o tridimensionale
Condotto uditivo esterno di un cane che mostra essudato appiccicoso e alterazioni strutturali

Figura 2. Il condotto uditivo esterno di un cane mostra la presenza di essudato appiccicoso e alterazioni strutturali croniche.
© Caroline Leonard

Condotto uditivo: l’essudato si estende sulla faccia mediale della pinna auricolare destra

Figura 3. Lo stesso cane della Figura 2, con estensione dell’essudato sulla faccia mediale della pinna auricolare destra.
© Caroline Leonard

In caso di infezione da Pseudomonas spp. si può osservare clinicamente la comparsa di un classico biofilm grigiastro/verdastro, appiccicoso, o viscido. Tali caratteristiche possono essere attribuite alla presenza di alginato, nonché alla produzione di piocianina 15.

L’aspetto citologico dei biofilm dipende dai microrganismi coinvolti e dalla tecnica di preparazione del campione. La matrice polisaccaridica può essere evidenziata tramite colorazioni speciali, come ad esempio la colorazione P.A.S. (Periodic Acid Schiff), che generalmente non sono disponibili nella pratica di routine, questo complica l’identificazione dei biofilm 16. Tuttavia, è importante notare che i biofilm possono apparire come ammassi di cellule (batteri, spore, ife fungine) circondati da una matrice extracellulare (non sempre visibile) e possono essere accompagnati o meno da neutrofili polimorfonucleati o da cellule mononucleari 17 (Figura 4).

Citologia con biofilm di Pseudomonas

Figura 4. Citologia di un campione auricolare contenente biofilm di Pseudomonas spp. che mostra un’alta densità di microrganismi raggruppati. Obiettivo 100x (olio). (Colorazione Diff-Quick®)
© Caroline Leonard

La coltura batterica o fungina dei microrganismi capaci di formare biofilm è uno dei criteri diagnostici per l’identificazione del biofilm. Tuttavia, non andrebbe considerato lo standard di riferimento, poiché si possono osservare colture false negative e sono state notate discrepanze tra la coltura batterica e la profilazione dell’amplicone 16S 18. Non riuscendo a replicare accuratamente le condizioni del biofilm, i metodi di coltura tradizionali supportano principalmente la crescita dei batteri planctonici. Di conseguenza, le decisioni terapeutiche basate sugli antibiogrammi derivati dai batteri planctonici potrebbero non riflettere il reale profilo di sensibilità antimicrobica. Inoltre, replicare le condizioni del biofilm dalle colture planctoniche può essere una sfida a causa delle potenziali differenze nella maturità del biofilm tra i batteri del campione e quelli in coltura. I batteri all’interno dei biofilm mostrano un’antibioticoresistenza nettamente superiore rispetto alle loro controparti planctoniche, cosa che rende le valutazioni della sensibilità agli antibiotici meno predittive per quanto riguarda l’efficacia del trattamento 15

Questa limitazione sottolinea la necessità di metodi alternativi, come ad esempio il dosaggio del biofilm con cristalvioletto utilizzando brodi di coltura (ad es. brodo Luria-Bertani, brodo Mueller-Hinton o il brodo triptico di soia), per valutare la produzione di biofilm in base alle letture della densità ottica. Questi metodi offrono una comprensione più completa della presenza del biofilm batterico e del suo potenziale impatto sugli esiti del trattamento antibiotico 8, ma non sono tipicamente utilizzati come coltura batterica di routine. Altri metodi, ancora usati raramente per la diagnosi di routine, includono 19:

  • Microscopia elettronica a scansione
  • Microscopia elettronica a trasmissione
  • Microscopia confocale a scansione laser
  • Ibridazione in situ fluorescente
  • Biologia molecolare, ad es. reazione a catena della polimerasi (PCR), che rileva geni specifici associati alla sintesi di biofilm

Date le sfide legate alla visualizzazione diretta dei biofilm, è spesso necessario utilizzare più metodi insieme per ottenere un’identificazione accurata e completa. 

Gestione del biofilm: strategie per un approccio efficace

Come già accennato, i biofilm conferiscono ai batteri una resistenza agli antibiotici significativamente maggiore, mostrando spesso una resistenza 100-1.000 volte superiore rispetto ai batteri planctonici 5. Di conseguenza, diventa imperativo sviluppare approcci strategici per distruggere i biofilm, consentendo così ai trattamenti antibiotici e antifungini di combattere efficacemente le infezioni batteriche e fungine. La ricerca di soluzioni innovative per ridurre i biofilm non solo migliora l’efficacia degli antibiotici, ma rappresenta anche una promessa significativa nell’affrontare le sfide poste dai batteri antibioticoresistenti e sottolinea l’importanza fondamentale degli attuali sforzi nel campo della ricerca e dello sviluppo in Medicina veterinaria. È quindi utile una revisione di alcuni trattamenti spesso impiegati come adiuvanti e che hanno dimostrato efficacia contro i biofilm.

La NAC (N-acetilcisteina) è un agente mucolitico che possiede anche proprietà antimicrobiche. Sebbene gli esatti meccanismi della sua azione sui biofilm siano compresi solo parzialmente, è stato dimostrato che agisce dissolvendo il biofilm. Nello specifico, inibisce l’adesione batterica, riduce la produzione della matrice polisaccaridica extracellulare, e promuove la distruzione dei biofilm maturi rompendo i legami disolfuro all’interno della matrice extracellulare. Ciò rende il biofilm più permeabile e sensibile ai trattamenti antimicrobici 20. Inoltre, la sua capacità di distruggere i biofilm è stata dimostrata in vitro con ceppi batterici presenti nel condotto uditivo, vale a dire Staphylococcus pseudointermedius e Pseudomonas aeruginosa. La sua efficacia varia a seconda della concentrazione di NAC utilizzata, quella raccomandata è di circa l’1-2% 13. È importante sottolineare che la NAC si è dimostrata sicura per iniezione intratimpanica in condizioni sperimentali, cosa che la rende un’opzione potenzialmente non ototossica e utile per il trattamento di patologie dell’orecchio con secrezione cronica 21.

Tris-EDTA (acido etilendiamminotetraacetico-trometamina) esercita i suoi effetti antimicrobici attraverso un meccanismo d’azione ben definito. L’EDTA agisce come agente chelante, sequestrando cationi bivalenti e danneggiando la parete dei batteri Gram-negativi. Questo danneggiamento porta alla perdita di lipopolisaccaridi e rende le cellule batteriche più permeabili ad altri agenti antimicrobici. Allo stesso tempo, la componente Tris agisce come tampone, potenziando l’azione chelante dell’EDTA 22. Mentre Tris-EDTA ha dimostrato attività anti-biofilm contro P. aeruginosa, i suoi effetti sui biofilm di Staphylococcus spp. sono diversi, e spesso ne inibiscono la crescita anziché eradicarli 13. Bisogna notare che l’uso di Tris-EDTA assieme ad alcuni agenti antimicrobici potrebbe ridurne l’efficacia antibatterica, tuttavia, risulta efficace come adiuvante in combinazione con altri agenti antimicrobici, dove mostra un’attività anti-biofilm sinergica, sono dunque necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno queste interazioni. Gli studi hanno dimostrato che Tris-EDTA può ridurre la concentrazione minima battericida (MBC) e la minima concentrazione inibente (MIC), migliorando così l’efficacia di antibiotici come marbofloxacina e gentamicina, specialmente nei casi di P. aeruginosa multifarmacoresistente in vitro 22.

Oltre a Tris-EDTA, molti altri composti hanno mostrato attività contro i biofilm, consentendo di diversificare gli strumenti disponibili nella battaglia contro le infezioni batteriche. Ad esempio, le nanoparticelle d’argento, lo iodio-povidone e il miele sono possibili alternative per la gestione del biofilm 23,24. Inoltre, nel campo della ricerca sui biofilm continuano a emergere scoperte entusiasmanti. Innovazioni come, ad esempio, il plasma freddo atmosferico a microonde, gli inibitori del quorum sensing e i batteriofagi, stanno emergendo come potenziali agenti con effetti anti-biofilm 23,25. Questi approcci promettono di migliorare la nostra capacità di combattere le sfide legate al biofilm, offrendo speranza per strategie di trattamento più efficaci in futuro.

Caroline Léonard

Uno dei fattori chiave dei biofilm batterici è la loro capacità di creare una barriera protettiva resistente agli antibiotici. I batteri incorporati nel biofilm sono meglio protetti dagli effetti dei trattamenti antimicrobici, rendendo le infezioni associate al biofilm più difficili da eradicare.

Caroline Léonard

Conclusione

La formazione di biofilm rappresenta un importante fattore di virulenza per varie infezioni batteriche, tra cui Pseudomonas spp. e Staphylococcus spp., soprattutto nel contesto dell’otite cronica. Tuttavia, nella di produzione dei biofilm è fondamentale non trascurare il ruolo dei lieviti come ad esempio Malassezia spp.. Di fronte a fallimenti terapeutici di casi clinici che presentano specifiche caratteristiche macroscopiche e microscopiche, è fondamentale considerare la possibile presenza di biofilm. Sospettare e identificare il biofilm consente di adottare strategie terapeutiche più adeguate e aumentare la possibilità di eradicare queste infezioni ostinate.

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Caroline Léonard

Caroline Léonard

La Dr.ssa Léonard ha conseguito la laurea nel 2017, quindi ha completato un Internship rotazionale presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Liegi Scopri di più